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Cari lettori e investitori,
bentornati in questa nuova edizione, l’ultima prima del weekend di Pasqua. Queste giornate continuano ad essere piene di informazioni, con le aziende che continuano a rilasciare informazioni riguardo lo stato dell’economia e dei loro rispettivi business.
Per esempio, martedì Nvidia ha comunicato di aver ricevuto dal governo degli Stati Uniti, un avviso secondo cui sarà necessario ottenere una licenza speciale per poter esportare in Cina le proprie GPU H20 e l'hardware correlato. Questa licenza sarà richiesta a tempo indeterminato.
A causa di questa restrizione, la società prevede di registrare una perdita di 5,5 miliardi di dollari nella prossima trimestrale.
Andando avanti, ho trovato questa intervista del segretario Bessent interessante da approfondire:
Bessent ha aperto l’intervista soffermandosi sul caso argentino, definendolo un banco di prova per una nuova fase di riforme in America Latina. A sostegno di questa strategia, sono arrivati fondi importanti da parte delle istituzioni internazionali: 20 miliardi di dollari dal Fondo Monetario Internazionale e altri 12 miliardi dalla Banca Mondiale.
Un altro tema centrale è stato il ruolo sempre più attivo della Cina nei Paesi in via di sviluppo, in particolare in Africa e in America Latina. Bessent ha accusato Pechino di portare avanti una strategia poco trasparente, fatta di accordi opachi, che rischiano di compromettere la stabilità finanziaria dei partner.
Il Segretario ha lasciato intendere che una delle priorità dell’amministrazione Trump sia evitare che l’economia latinoamericana finisca in una nuova forma di dipendenza finanziaria dalla Cina.
Sul fronte del commercio internazionale, Bessent ha spiegato il senso della pausa di 90 giorni voluta da Trump prima di introdurre nuovi dazi. L’obiettivo è creare una finestra temporale per intese bilaterali accelerate, premiando i partner che si muovono per primi. Ha sottolineato che si stanno negoziando intese con diversi paesi, tra cui Vietnam, Giappone, Corea del Sud e Spagna.
Bessent ha poi specificato che le vere sfide sono legate alle barriere non legate ai dazi, che limitano l’accesso al mercato o distorcono la concorrenza. La Cina, ha ricordato Bessent, è un caso unico nella storia: mai prima d’ora un paese è stato al tempo stesso il principale rivale economico e militare degli Stati Uniti. Nemmeno il Giappone degli anni ’80 rappresentava una sfida così articolata.
Un passaggio importante dell’intervista ha riguardato la preoccupazione che alcuni investitori abbiano cominciato a vendere asset statunitensi (dato di fatto più che preoccupazione, direi). Bessent ha negato l’esistenza di un dumping da parte dei governi esteri, citando i dati più recenti che mostrano una solida domanda per i Treasury USA, compresi i collocamenti decennali e trentennali. Secondo lui, i movimenti recenti nei mercati obbligazionari sono il frutto di uno shock tecnico, causato da un uso eccessivo della leva finanziaria da parte degli hedge fund e da vendite forzate, più che da una fuga sistemica di capitali.
Sul ruolo del dollaro come valuta di riserva globale, Bessent è stato categorico: gli Stati Uniti continueranno a occupare questa posizione e il dollaro rimarrà l’asset rifugio di riferimento nei momenti di incertezza.
Si è parlato anche della leadership della Federal Reserve. Il mandato di Jerome Powell scade a maggio 2026, ma già dall’autunno inizieranno le consultazioni per individuare il suo possibile successore. Bessent ha ribadito l’importanza dell’indipendenza della banca centrale nella gestione della politica monetaria, anche se ha ammesso che sul piano della regolamentazione bancaria ci potrebbe essere maggiore dialogo politico.
In chiusura, Bessent ha illustrato quella che definisce la tripla policy dell’amministrazione Trump: dazi, riforma fiscale e deregulation. Mentre l’attenzione pubblica si concentra spesso solo sui dazi, si stanno registrando progressi significativi anche sulle altre due componenti. Vedremo gli sviluppi.
Al termine del video, ha poi dichiarato che dal suo punto di vista il VIX ha raggiunto il suo massimo. Il VIX, noto anche come indice della paura, misura la volatilità attesa del mercato azionario USA basandosi sulle opzioni dell’indice S&P 500.
In parole semplici: indica quanto gli investitori si aspettano che i mercati si muovano nel breve termine.
Valori alti = più paura/incertezza.
Valori bassi = mercato più stabile/sicuro.
Proseguiamo.
In una delle precedenti edizioni, abbiamo ragionato sul fatto che l’intero sistema finanziario necessiti di rifinanziare il proprio debito costantemente. Quando questo non è possibile, magari per insufficienza di liquidità nel sistema, tendono a palesarsi le crisi economiche.
Non è il debito in sé a far crollare i sistemi, ma l’impossibilità di rifinanziarlo.
Quando i flussi si interrompono, quando la liquidità si prosciuga, quando il collaterale perde valore, si accende la miccia. Il castello crolla non perché è alto, ma perché il terreno sotto non regge più.
Questo ci costringe a cambiare prospettiva.
Invece di chiederci quanto debito c’è, dovremmo chiederci come viene garantito, quando deve essere rifinanziato e a quali condizioni. Un sistema dipendente dal collaterale è anche un sistema vulnerabile a eventi improvvisi: un crollo dei mercati, un cambio normativo o un repentino aumento dei tassi può portare a una crisi generalizzata di liquidità.
Il cuore del rischio oggi non è più la solvibilità, ma il refinancing risk.
Comprendere questa dinamica è fondamentale per chiunque operi nel mercato. Perché nel momento in cui il collaterale vacilla, l’intero sistema rischia di fermarsi.
Prima di proseguire, ecco l’edizione passata:
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