Incertezza Macro
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Cari lettori e investitori,
bentornati a questa nuova edizione della nostra newsletter. Oggi ci concentreremo su alcuni temi che, a mio avviso, avranno un impatto rilevante nei prossimi anni. Accanto a questo, faremo anche il punto sugli ultimi sviluppi e sulle posizioni già discusse nelle edizioni precedenti, aggiornando quanto necessario con dati e riflessioni più recenti.
Come sempre, vi ricordo che quanto leggerete non costituisce in alcun modo un consiglio finanziario, ma rappresenta esclusivamente opinioni personali basate su mie analisi e sulla mia esperienza.
Edizione precedente:
Iniziamo.
Nella giornata di mercoledì l’inflazione USA è risultata più soft del previsto:
Quando i dati sull'inflazione, come in questo caso il CPI e il Core CPI, risultano inferiori alle attese, il mercato reagisce, ma il modo in cui lo fa dipende molto dal contesto macro e dal posizionamento attuale degli investitori. Il dato in sé, più soft del previsto, segnala un raffreddamento delle pressioni inflazionistiche. In condizioni normali, questo viene interpretato come un segnale positivo per i mercati azionari e obbligazionari, per due motivi chiave: la possibilità di un taglio dei tassi si rafforza e i rendimenti reali attesi migliorano per le attività risk-on.
Ma c’è un secondo livello da considerare.
Una lettura più morbida dell'inflazione oggi potrebbe riflettere non solo l'efficacia della politica monetaria restrittiva, ma anche un rallentamento della domanda sottostante, che nel tempo potrebbe tradursi in un deterioramento dei margini aziendali. Non è quindi detto che i mercati festeggino a prescindere. Se gli operatori iniziano a percepire che la discesa dell'inflazione è il sintomo di un ciclo economico in rallentamento, la reazione iniziale di sollievo potrebbe trasformarsi in una fase di ribasso.
Altro elemento poco discusso ma fondamentale è l’effetto sul posizionamento e sulle strategie macro. I grandi investitori istituzionali che utilizzano strategie algoritmiche si muovono su segnali e trend di medio periodo. Una sorpresa disinflazionistica potrebbe farli ribilanciare aumentando esposizione su duration (obbligazioni) e settori growth nei listini azionari. Ma questo crea congestione: troppe posizioni rialziste sugli stessi asset, che diventano vulnerabili a qualsiasi dato successivo che smentisca la narrativa “meno inflazione + tagli”.
Infine inflazione in calo significa anche rendimenti reali potenzialmente più alti se i tassi nominali restano fermi. Questo può rafforzare il dollaro nel breve, penalizzando commodities e mercati emergenti. Ma nel tempo, se il calo è persistente, porta i rendimenti reali giù e supporta asset come oro e Bitcoin, che storicamente si muovono in correlazione inversa ai tassi reali.
Un CPI più debole è di solito un catalizzatore positivo per i mercati, ma la qualità del dato e il contesto in cui si inserisce determinano se sarà una fiammata o l'inizio di una fase persistente. Se oggi il mercato sta leggendo questi dati come segnale per pivot della Fed, bisogna chiedersi quanto di questo sia già prezzato. La reazione successiva sarà più interessante della prima.
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